Tecniche plastiche

Le techiche di creazione plastiche, come scultura, rilievo, sbalzo e fusione. Le classiche ed essenziali nozioni di base che si devono sapere per entrare a far parte del mondo della creatività.

Tecniche plastiche

David di Michelangelo

Bulino

E’  il più antico procedimento calcografico e prende il nome dallo strumento usato per incidere il metallo.

Lo strumento è formato da una sottile sbarra di acciaio temperato con un’estremità tagliata trasversalmente ed afflitta, l’altra estremità è infissa in un’impugnatura di legno a forma di mezza sfera che si adatta alla mano dell’incisore e si chiama bulino. L’inclinazione del bulino rispetto la superficie della lastra dipende dal tipo di affilatura del bulino del stesso. Per incidere si pone la lastra su di un cuscinetto di cuoio pieno di sabbia, in modo che non si muova e possa essere spostata facilmente durante il lavoro. I segni incisi trattengono l’inchiostro per la stampa e si ottiene così un segno particolarmente netto e preciso, peculiare di questa tecnica. L’origine di questa tecnica risale alla prima metà del Quattrocento e deriva dalla tecnica usata sui metalli fin dal Medio Evo dagli orafi, che impiegavano il bulino per ottenere incavi nelle lamine. Questa tecnica ebbe il suo periodo di maggiore diffusione nella seconda metà del XV secolo e nei primi decenni del XVI secolo in Italia, Germania e Paesi Bassi. Fu utilizzato, fra gli altri, da A. Mantegna (1431-1506), A. Dürer (1471-1528), Luca di Leida (1494-1533), M. Raimondi (1480-1534). Nel XX secolo fu utilizzato fra gli altri da Pablo Picasso (1881-1973) e S. W. Hayter (1901-1988).

Acquaforte

E’  la prima tecnica indiretta in cavo ed è la più usata come mezzo espressivo dagli artisti antichi e moderni, soprattutto per la libera gestualità dell’operatore a differenza di altre tecniche che hanno bisogno di un lungo tirocinio.

L’origine dell’acquaforte risale al Medioevo, periodo in cui si usava l’acido nitrico per incidere fregi e decorazioni su armi e armature. In seguito il nome e la tecnica vennero adottati dagli artisti incisori, passaggio che possiamo far risalire al periodo tra la fine del XV e l’inizio del XVI secolo.
Per realizzare un’acquaforte si deve operare con questa successione: la superficie della lastra, dopo essere stata levigata e sgrassata viene coperta da uno strato sottile uniforme di cera per acquaforte. Per rendere la cera più resistente all’azione degli acidi e più visibili i segni viene annerita con nerofumo. Con una punta di acciaio si esercita una pressione sufficiente a scoprire il metallo tracciando i segni che formeranno l’immagine. Proteggendo il retro e i margini con una vernice, si immerge la lastra incerata in una bacinella contenente acido diluito (acido nitrico e il percloruro di ferro) che morderà il metallo dove il disegno ha scalfito la cera mettendo a nudo il metallo stesso.

Scultura a tutto tondo

E’ una scultura in cui tutti i lati sono rifiniti, per questo la si può osservare a 360°.

L’artista inizia il suo lavoro intagliando direttamente il blocco, senza fare procedere alla fase esecutiva una fase di progettazione. Considerando il fatto che ogni modifica apportata ad un materiale duro risulta definitiva, in quanto a questo non è possibile aggiungere, ma solo togliere materia. Fin dai tempi più antichi gli scultori hanno fatto ricorso all’uso di modelli di piccole dimensioni in creta o in cera, per l’elaborazione iniziale dell’idea plastica e come punto di riferimento durante la lavorazione. Le misure del modello venivano infatti riportate sul blocco o con il compasso da scultore o con il filo a piombo, partendo dai punti più sporgenti. Il blocco dopo essere stato inizialmente sgrossato con punte di ferro, veniva sbozzato con uno scalpello a taglio detto gradina. Al lavoro della gradina faceva seguito quello degli unghietti che servivano per definire i sottosquadri, cioè le parti rientranti in profondità. Per rifinire e modellare definitivamente nei dettagli l’opera scultorea si ricorreva quindi all’uso di un trapano particolarmente fine il violino che serviva per precisare ulteriormente i sottosquadri e gli isolamenti, cioè le parti in forte distacco dal corpo, nonché all’utilizzo di lime e abrasivi naturali che permettevano di levigare la superficie. La testa e gli arti venivano generalmente modellati a parte e uniti al corpo con perni di metallo.
Per questo motivo molte opere scultore hanno perduto nel tempo la testa o le braccia.

Rilievo

Il rilievo è una forma di transizione tra la pittura e la scultura a tuttotondo.

E’ una scultura aderente ad un piano di fondo dal quale si stacca con lieve sporgenza. Probabilmente ha avuto origine dai graffiti preistorici ed infatti risulta essere una delle prime forme di scultura. L’argilla e il legno sono stati i primi materiali impiegati proprio per la grande facilità di modellazione ed intaglio. Con la pittura condivide la composizione, la prospettiva e l’effetto luce-ombra. Le figure e gli oggetti in rilievo sono generalmente realizzati con lo stesso materiale dello sfondo, benché ci siano eccezioni a questa regola nell’arte decorativa greca, cinese e giapponese. Oggi la scultura in rilievo è suddivisa in diverse tipologie in base alla variabile profondità.
L’altorilievo : le figure emergono interamente o quasi dalla superficie del blocco nel quale sono scolpite o modellate, assumendo una piena o quasi rotondità. Tra i migliori esempi abbiamo le Metopi del Partenone conservate al British Museum di Londra.
Il bassorilievo : è una forma di superficie ornamentale di lieve emergenza della materia. L’esemplare più conosciuto è il fregio decorativo della cella del Partenone.
Lo schiacciato (stiacciato) : è il tipo più basso di rilievo, un rilievo appiattito. Emerge scarsamente dalla superficie nella quale è scavato, rappresentando principalmente un’arte di delicati segni e linee. I contorni delle figure sono finemente incisi. L’Assunzione del monumento Brancacci di Donatello, è uno dei migliori esempi.

Sbalzo

 Questo procedimento crea forme volumetriche, la spinta data è solitamente impressa sia sul lato anteriore che su quello posteriore della lastra di metallo. Una delle peculiarità dello sbalzo è la possibilità di vedere l’evoluzione delle forme e di poter perfezionare i volumi e idee, man mano che il lavoro progredisce.

Lo sbalzo su rame richiede l’uso di pochissimi materiali ed attrezzature, ma consente di realizzare decorazioni di grande effetto che possono essere applicate a qualsiasi tipo di oggetto. La materia prima principale è costituita dalla lastra di rame che può essere fatta in questo materiale al 100% oppure in metallo colorato (in questo caso il foglio si presenta di colore rame da un lato e color argento dall’altro e si può sbalzare da entrambi i lati). Per colorare la decorazione a sbalzo si possono utilizzare le chine (che sono trasparenti e lasciano intravedere il materiale) oppure gli acrilici per ceramica (che sono particolarmente brillanti ed hanno un effetto coprente). Per evitare che la decorazione si schiacci occorre riempirla con silicone o una colata di gesso. Le attrezzature per lavorare il rame a sbalzo consistono invece in una serie di bulini di forme diverse e di una piattaforma morbida che consenta al rilievo di formarsi.

Fusione

La tecnica della fusione del bronzo avveniva in stampi e forme aperti, sulle quali era stato precedentemente inciso in negativo la forma dell’oggetto che si desiderava riprodurre.

Il metallo fuso una volta colato negli stampi di pietra o argilla, permetteva di produrre oggetti forniti di una superficie modellata e di una piatta. In un secondo tempo il ricorso a forme cave a due valve, diede la possibilità di produrre oggetti più complessi modellati sulle tre dimensioni. Mescolando cera d’api, pece greca e paraffina, si ottiene una pasta che, con il solo calore delle mani, può essere modellata. E’ una tradizione antichissima usata per studi e bozzetti da scultori e pittori prima di riprodurre il modello nelle dimensioni desiderate. Il modello non sarà mai ben levigato, presentando piccole deformazioni, ritoccate ad arte, al termine della lavorazione, per mezzo di sgorbie incandescenti. Il modello viene poi immerso nella terra refrattaria e messo al forno (metodo della “cera persa”). Il vuoto lasciato dalla cera viene poi riempito dal bronzo fuso. Ogni scultura quindi rappresenta un pezzo unico poiché l’originale, liquefatto durante il procedimento, si è “perso”. La scultura una volta ripulita, viene patinata con fegato di zolfo e sale ammonico, una metodologia che potrà provocare nel tempo variazioni cromatiche per ossidazione.

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